Cablegate: Microsoft collaborò con la dittatura di Tunisi, solo business?

Inviato da harvey lomax il Mer, 09/07/2011 - 17:41
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WikileaksTra le migliaia di documenti prodotti dalla diplomazia USA e rilasciati da Wikileaks negli ultimi giorni, si scoprono risvolti sempre più inquietanti. Un cablogramma del settembre 2006 dell'ambasciata USA a Tunisi, riferisce di affari tra il gigante IT Microsoft ed il governo del deposto dittatore Ben Alì. Si parla di un accordo per cui il governo avrebbe utilizzato software licenziato della compagnia americana, la quale avrebbe in cambio investito in ricerca, sviluppo e formazione sul territorio. Più nello specifico la società di Redmond avrebbe fornito il proprio know haow per questioni riguardanti i seguenti ambiti: e-commerce, cyber sicurezza, copyright, sviluppo di software in loco con annessa formazione di sviluppatori, anche attraverso l'instaurazione di un centro per lo sviluppo targato Microsoft. Si parla anche di formazione di individui diversamente abili da poter poi inserire nel mondo delle telecomunicazioni, di aggiornamenti del parco computer governativo e della sua rete, per i quali la casa americana fornisce la propria consulenza e le necessarie nuove licenze del proprio sistema operativo che va a sostituire le copie pirata fino ad allora utilizzate insieme a software open source, ufficialmente adottato sin dal 2001. Come conseguenza viene promulgata una regola che impone che le future forniture di computer siano Microsoft compatibili, in netta opposizione a quanto stabilito dalle leggi fino ad allora vigenti a favore dell'open source. Inoltre, grazie al patto fra le due parti, la società USA può concorrere per le commesse governative, cosa che prima le veniva impedita dalla polita pro open source. Rientrante nell'accordo vi è anche la formazione di personale governativo alo scopo di combattere il crimine su internet. Secondo il locale rappresentante Microsoft, gli investimenti, ovvero le spese, essa sosterrà in Tunisia saranno minori rispetto agli introiti derivanti dal contratto. Secondo l'ambasciata USA, i dettagli non sono mai stati forniti, il che lascia supporre che sotto ci possa essere qualcosa di compromettente, ed inoltre vengono insinuati dubbi sul fatto che il governo voglia utilizzare le nuove capacità e tecnologie acquisite allo scopo di monitorare pesantemente i propri cittadini. In altre parole controllarli e censurarli in maniera indiscriminata, come poi sappiamo è stato realmente fatto fino alla cacciata di ben Alì. Da questo ed altri cablogrammi si possono fare alcune considerazioni. In questo momento di crisi, le aziende americane dell' Information Technology tentano in tutti i modi di espandere la propria influenza ed i propri affari nei paesi emergenti o poveri, là dove la loro presenza non è ancora radicata. A questo scopo tentano di imporre i propri modelli economici, le proprie certificazioni, la formazione sul proprio software, sperando in tal modo di ottenere grandi ricavi a fronte di risicati investimenti. Già, perché bisogna considerare in ogni caso che investire in paesi industrializzati ha un certo costo, sicuramente di gran lunga superiore al medesimo intervento in un paese povero: comprare 10 computer in USA costa X, in Vietnam costa X/10. Costruire una scuola e pagare degli insegnanti costa Y in USA e Y/10 in Cambogia. Si tratta solo di esempi, per meglio rendere l'idea. Vi è poi la tendenza, in particolare di Microsoft, di tentare di far terra bruciata intorno al modello open source. La compagnia si muove astutamente, facendo intendere possibili problematiche nell'utilizzo di programmi a codice sorgente aperto, come l'incremento della pirateria, maggiori difficoltà per le compagnie americane nel entrare nel mercato e concorrere così allo sviluppo della nazione, relegandola ai margini del mercato internazionale. In altre parole, se non usi i loro prodotti, sei tagliato fuori, destinato al fallimento. Tutte bugie colossali ovviamente. Microsoft è subdola. Là dove la sua influenza non è ancora così vasta, essa tenta di penetrare con allettanti offerte, come licenze gratuite, formazione, costruzione di centri di sviluppo e tecnologici, ed altro. Il suo unico scopo è quello di riuscire ad entrare in un nuovo mercato, perché sanno benissimo che una volta assuefatti, gli utenti, le amministrazione, gli uffici, le aziende, le istituzioni, continueranno ad utilizzare i suoi prodotti. Un esempio di tale politica è dato dall'accordo con la Regione Puglia che si era da poco pronunciata a favore dell'introduzione dell'open source nella Pubblica Amministrazione.

Se ancora non è chiaro che queste multinazionali fanno esclusivamente il loro interesse, senza badare alle possibili conseguenze, quali l'utilizzo delle proprie tecnologie per violare sistematicamente diritti umani e civili, basti leggere i commenti degli addetti dell'ambasciata USA. Si potrà obiettare che non è compito delle aziende occuparsi o preoccuparsi dell'uso che viene fatto delle proprie tecnologie: non è certo colpa di chi produce armi, se poi queste vengono utilizzate per compiere genocidi. Vero, ma una nazione civile vieta (almeno dovrebbe) la vendita a soggetti che potrebbero compiere tali atti. Inoltre se vogliamo cercare il pelo nell'uovo, l'EULA (End User License Agreement) che Microsoft mostra al momento dell'installazione di uno dei suoi prodotti, vieta, in base alle leggi statunitensi, l'esportazione dei propri prodotti in certi paesi, quelli che gli Stati Uniti amano definire stati canaglia. Fino a qualche anno fa nell'EULA si parlava esplicitamente di Iran, Iraq, Sudan ed altri. Ora è più difficile avere una lista, ma qualcosa in merito si può leggere qui. Esistono quindi delle regolamentazioni verso certi paesi che vengono considerati in qualche modo ostili agli USA, ma non certo per salvaguardare i cittadini di quei paesi, bensì gli interessi politici ed economici degli Stati Uniti e delle aziende. Si vede che gli USA considerano nazioni con dittatori come Ben Alì e Mubarak amiche. Poco importa se i diritti umani lì vengono violati, oramai è chiaro a tutti che la libertà che gli USA vogliono portare nel mondo è la libertà di poter condurre i propri affari secondo le proprie regole, inculcando nelle menti dei propri soldati frasi ed ideali per convincerli che esiste un fine più alto. Così è stato dalla guerra del Vietnam ed è tutt'ora. Tutti sappiamo che i conflitti originano quasi sempre da motivazioni di carattere economico, anche se spesso mascherate. Il binomio politico economico a stelle e strisce procede per la sua strada, conscio dei reciproci vantaggi che si possono ottenere con politiche come quelle che abbiamo letto. Insinuare in una nazione la dipendenza dall'IT statunitense significa penetrare fin dentro le radici della nazione ed assoggettarla alla propria sfera d'influenza economica, e quindi anche politica. Non è un caso se nazioni come Cina, Corea del Nord, Russia, Venezuela hanno puntato sul software a codice aperto, nello specifico sistemi operativi basati su Linux, per affrancarsi dalla dipendenza dagli Stati Uniti. Ovvio, a nessuno piace avere dei computer con un sistema operativo in cui viene installata una backdoor che permette a CIA, FBI, NSA e boy scout di accedere a piacimento e fare ciò che vogliono.