I giganti di internet si piegano alla volontà del governo indiano

Inviato da harvey lomax il Ven, 02/10/2012 - 20:20
Argomento
Come precedentemente Twitter, anche Facebook e Google si piegano alla censura voluta da un governo. Altre compagnie sembrano essere interessate direttamente alla vicenda, come Yahoo, ma al momento non sappiamo se siano state colpite dall'ordine della corte ed in caso se intendano rispettarlo. Avevamo già parlato delle richieste dell'India in merito alla rimozione di contenuti ritenuti offensivi o diffamatori da Facebook e dal motore di ricerca di Google. Le aziende avevano risposto di non intendere provvedere ad una censura preventiva, ma di voler agire solo dietro mandato di un giudice. Mandato che pare a questo punto essere arrivato, ma il cui contenuto rimane oscuro. In altre parole non si conosce al momento quali siano esattamente i contenuti rimossi dai rispettivi siti. Pagine che rimangono comunque visibili al di fuori del territorio iondiano ed attraverso proxy. Il tutto era nato per via di alcune cause civili intentate da privati cittadini che si erano imbattuti in contenuti scabrosi o diffamatori sui siti delle grandi aziende IT, e sentendosi offesi avevano fatto ricorso ad un giudice. In genere i contenuti vengono rimossi quando questi violano le policy aziendali oppure le leggi di un qualche paese. Il problema è che ovviamente ogni paese ha le sue, e non sempre rispettose della democrazio. Nel contempo è difficile dire al governo di una nazione "Sì ti accontento perché sei democratica" e ad un'altra "No, tu sei un regime dittatoriale". Pertanto, se l'India chiede di rimuovere una pagina perché prende in giro Ghandi, perché la Cina non puòfare altrettanto? Perché se lo fa la Cina, è censura antidemocratica, se lo fa l'India oppure un'altra nazione dell'orbita occidentale, allora verrà classificata come lotta la terrorismo, alla pirateria musicale o alla pedofilia. Lo scenario che si va a configurare è inquietante. Il governo di Nuova Delhi, con la scusa del terrorismo, già monitora le comunicazioni di chi utilizza il BlackBerry sul suo suolo, telefonate, email, sms, messenger, grazie alla collaborazione forzata di RIM. Ora si fa piazza pulita di ciò che non si desidera che i propri cittadini leggano. Si parte con gli insulti alla religione, deprecabili senza ombra di dubbio, e si finisce con un commento sul politico di turno. Dall'uno all'altro il passo è più breve di quanto si pensi, e purtroppo siamo convinti che l'esempio dell'India verrà presto seguito da altre nazioni. Le aziende si nascondo dietro le proprie policy e dicono di non poter far nulla se un governo, ovvero un giudice, richiede la rimozione di un contenuto. E' sottinteso che se un'azienda non obbedisce alle regole del paese in cui opera, non può più lavorarci. Tuttavia stiamo assistendo ad una continua serie di ricatti dove la libertà d'espressione, per quanto opinabile possa essere in certi casi, viene barattata col denaro. Un mondo assurdo, che però può essere cambiato solo dall'interno, come dimostrano le recenti rivoluzioni nei Paesi Arabi, a patto comunque di un sostegno di queste aziende, che se sono diventate grandi,lo devono ai propri utenti che ora si vedono depauperati ingiustamente di contenuti e servizi. Sembra poi paradossale che in certi casi coalizioni di grandi aziende e movimenti d'opinioni riescano ad influenzare a tal punto un governo da impedire l'approvazione di una legge, per esse nefasta, come SOPA, mentre in altre occasioni ci si pieghi supinamente alle pretese censorie di altre nazioni.