Il bacino dell'Irrawaddy source: Wikipedia Author:Shannon License: Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported Nota: L'affluente orientale non si chiama Taping, bensì Myitnge
Lo scorso 30 settembre, il governo del Myanmar ha ufficialmente fermato i lavori di costruzione della mega centrale idroelettrica sul fiume Irrawaddy. Sono state accolte le numerose proteste da parte della popolazione che aveva espresso per lungo tempo le proprie rimostranze. Secondo gli oppositori del progetto, la dislocazione della diga avrebbe portato ad un disastro ecologico, provocato la sparizione di dozzine di villaggi e di conseguenza l'estirpazione di più di 10000 abitanti dalle proprie terre. La notizia, data dal primo ministro Thein Sein, è stata accolta con soddisfazione dalla popolazione e dai partiti d'opposizione con Aung San Suu Kyi in testa. Gli osservatori ritengono possa essere un primo passo verso quelle riforme in senso democratico tanto attese dalla nazione. La centrale avrebbe portato alla produzione di 3600 megawatt per un costo di 3,6 miliardi di dollari, sostenuto dalla Cina, verso la quale la maggior parte dell'energia (90%) sarebbe stata incanalata, a fronte di un pagamento annuale di 500 milioni di dollari. Inutile dire che i commenti da parte di Pechino non si sono fatti attendere, inoltrando proteste a più livelli. Attraverso il portavoce del Ministero degli Esteri Hong Lei, la Cina ha chiesto al governo di Naypyidaw (nuova capitale dal 2006) di proteggere gli investimenti delle proprie compagnie nel progetto, insistendo che le problematiche debbano essere affrontate a livello governativo. In altre parole, senza l'intrusione della popolazione che a quanto pare non conta niente. Il progetto era stato voluto dalla giunta militare nel 2006, ma il nuovo governo, eletto lo scorso febbraio, ha fatto marcia indietro; un segno evidente dei tempi che cambiano, anche in Myanmar. Soltanto a metà settembre, esponenti del governo birmano avevano rigettato con forza l'ipotesi di uno stop ai lavori. Allo stato attuale rimangono comunque altre sei grandi dighe in costruzione od in progetto lungo altri due corsi d'acqua, chiamati N’mai e Mali. In tutti i casi si tratta di costruzioni volte a fornire energia elettrica alla Cina, ed anche in questi casi, contro il volere della popolazione locale. Il delicato equilibrio ecologico e sociale che da secoli regna in quelle valli potrebbe essere definitivamente sconvolto, analogamente a quanto accaduto per la diga delle Tre Gole in Cina.
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