Argomento
Continuano ad infuriare le polemiche in seguito al rilascio da parte di Wikileaks di cablogrammi riservati fra le ambasciate USA nel mondo ed il
dipartimento di stato.
Nelle ultime ore l'Interpol ha spiccato un mandato d'arresto internazionale nei confronti del fondatore del sito Julian Assange.
Questo è al momento irreperibile, sebbene abbia rilasciato una videointervista in cui ha annunciato per l'inizio del 2011, una nuova soffiata in merito ad una banca statunitense. Anche in questo caso si parla di documenti scottanti che potrebbero portare a pesanti ripercussioni.
L'Interpol ha spiccato il mandato d'arresto cavalcando le accuse per stupro, causa di un precedente mandato d'arresto da parte di una corte svedese, sottolineando che si tratta di aiutare un paese amico nella cattura di un ricercato. E' però palese che le intenzioni della suddetta organizzazione siano diverse, cioè catturare ed interrogare Assange per conoscere la fonte delle soffiate ed impedirgli di proseguire nel suo lavoro. Ricordiamo che il giornalista australiano si era già dichiarato estraneo alle accuse, e che tutta la vicenda puzza palesemente di complotto ordito da qualche organizzazione per metterlo a tacere. I suoi avvocati hanno già fatto ricorso verso la Corte Suprema contro il mandato. Assange non è comunque Wikileaks, perciò anche in caso di arresto, il sito continuerebbe a funzionare come sempre.
Da più parti si chiede la testa del giornalista, bollato come criminale, terrorista (il termine più in voga nel mondo occidentale dall'11 settembre). Anche il ministro Frattini lo ha richiesto a gran voce da Dubai, dove si trova. Infine, come ciliegina sulla torta, un consigliere del premier canadese Stephen Harper, tale Tom Flanagan, nel corso di un'intervista all'emittente Cbc, ha testualmente detto: "Credo che Julian Assange debba essere assassinato" (link: http://www.youtube.com/watch?v=bqtIafdoH_g). Un affermazione davvero gravissima. Tutto il mondo si sta coalizzando contro un uomo solo: nemmeno Bin Laden era riuscito a raggruppare tanti governi contro di sé! E tutto questo, per aver detto la verità. Ciò dovrebbe farci comprendere quanto questa sia temuta, anche da quei governi che si dichiarano democratici, ma che in realtà la nascondono ai propri cittadini col pretesto della "sicurezza nazionale", troppe volte tirata in ballo per coprire gli sporchi affari di CIA ed altre agenzie. Così si viene a sapere che mentre i soldati della NATO muoiono in Afghanistan ed Iraq, gli USA riforniscono i terroristi (per la Turchia, "combattenti per la libertà vengono definiti nei cablogrammi USA) del PKK di armi, e ne favoriscono le attività; nel contempo la Turchia spalleggia Al Qaeda, favorendo il transito di armi attraverso il proprio territorio ed ottenendone in cambio un appoggio contro le popolazioni curde. Lo stesso premier Erdoğan viene dipinto come uno che "Odia Israele ed è ostile sul piano religioso", "nemico della modernità e dell’Occidente, islamista, il cui unico fine è il riavvicinamento con Iran e Siria", "circondato da uno stuolo di adulatori". Il Primo Ministro turco si è riservato di leggere attentamente e poi profferire in merito.
Anche il Kenya ha inoltrato le proprie proteste, dopo aver letto di essere stato definito una "Palude di corruzione", e gli Americani si sono affrettati a presentare le proprie scuse.
Che dire poi della Russia di Putin, su cui il segretario americano alla Difesa Robert Gates riferisce: "la democrazia russa è scomparsa e il governo è un'oligarchia retta dai servizi segreti"? Laconica la risposta del russo: "Quando noi parliamo con i nostri amici americani e diciamo loro che ci sono problemi a questo riguardo, ci rispondono: non interferite nei nostri affari. E noi non interferiamo. Ma ai nostri colleghi voglio dare questo consiglio: anche voi non interferite con le scelte sovrane del popolo russo".
Proprio questo è uno dei punti fondamentali: a predicare sono bravi tutti, ma a nessuno piace essere guardato in casa propria.
L'elenco potrebbe andare avanti all'infinito, con diversi paesi arabi che si confidano con gli USA chiedendo la fine del regime iraniano, mentre in seno alla Lega Araba non fanno un passo in tal senso. Oppure il Pakistan, le cui testate nucleari potrebbero, secondo gli Stati Uniti, finire in mano a dei terroristi islamici: più o meno la stessa paura che si ha nei confronti dell'Iran.
La diplomazia USA lavora alacremente per mettere delle toppe, così accade che dopo aver letto che secondo gli USA Berlusconi sarebbe inetto ed incapace, il Segretario di Stato Hillary Clinton dichiara al vertice del'Osce ad Astana, in Kazakhstan: "Non abbiamo amico migliore di Silvio Berlusconi". Meno male! Se fosse stato il peggiore cosa avrebbero detto su di lui? La signora non si è comunque esentata da una nemmeno tanto velata critica a Russia e Kazakhstan in merito alla libertà di stampa nei due paesi, ufficialmente riconosciuta dalla costituzione ma di fatto negata. "Non è abbastanza che una costituzione la garantisca se, in realtà, i giornalisti sono messi sotto forte pressione se non aggrediti", ha detto nel corso del suo intervento all'Osce. Quella stessa libertà di stampa che oggi tutti tentano di negare a Wikileaks. Paradossale il fatto che in questi giorni la gran parte dei media italiani che parlano della vicenda diano spazio esclusivamente a critici e detrattori del sito e del suo fondatore, in modo tale che la condanna verso l'accaduto appaia unanime dinnanzi al popolo bue ed ignorante che di queste alte vicende nulla può comprendere se non le visioni ultrasemplificate e precotte dei TG. E' in atto un palese tentativo di delegittimazione di Wikileaks e del suo fondatore. Qualunque mezzo è lecito, secondo alcuni, come abbiamo letto sopra, persino l'assassinio. Non è un caso che nella giornata di ieri il sito web abbia subito un attacco informatico di proporzioni vastissime, di tipo Denial of Service con 10 Gigabits di dati al secondo, che lo ha costretto offline per diverse ore. Un'azione di questa portata sono in pochi a poterla effettuare. Su internet è apparsa la rivendicazione da parte di tale The Jester (th3j35t3r), di cui quasi nulla si sa. L'individuo si professa come hacker che lavora per il bene, ed avrebbe in passato messo fuori combattimento siti legati alla Jihad. Sono in molti a pensare che si tratti di qualcuno legato alle forze armate americane, anche se non pochi dubbi sono sorti in merito alla paternità dell'attacco a Wikileaks.
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