Argomento
Google alza la voce. Secondo quanto riferito da David Drummond, legale di della compagnia americana, ignoti crackers cinesi avrebbero tentato di violare le caselle di posta elettronica su Gmail, servizio offerto appunto da Google, di alcuni dissidenti ed attivisti dei diritti umani in Cina. Non sarebbero comunque riusciti ad accedere al contenuto delle caselle. Così la società IT ha annunciato che non avrebbe più filtrato i contenuti delle ricerche sul proprio sito localizzato in cinese, google.cn; è d'altro canto evidente a tutti quale possa essere l'origine dell'intrusione, comunque documentata dai tecnici di Google. Sempre attraverso il proprio legale, ha inoltre fatto sapere che potrebbe totalmente ritirarsi dal mercato cinese, rinunciando a 300 milioni di dollari e mandando a casa 600-700 dipendenti. Un chiaro segnale dunque nei confronti del governo cinese, che seppur non direttamente chiamato in causa da Google, è considerato il mandante degli attacchi, e gli è stato dunque reso pan per focaccia, eliminando i filtri dal proprio motore di ricerca, dove termini come Tienanmen, Falun Gong, Dalai Lama, Gazzetta del Cadavere e tanti altri vengono pesantemente filtrati secondo le richieste del paese asiatico. Ora la palla passa a quest'ultimo, che dovrà decidere sul da farsi; ciò che potrebbe accadere è che venga ritirata la possibilità di operare sul suolo cinese alla compagnia di Mountain View, cosa che tutto sommato potrebbe soddisfare il regime, ottenendo di disfarsi di un partner troppo ribelle al dictat, e lasciando campo libero e milioni di utenti tutti per Baidu, il principale motore di ricerca presente in Cina, controllato dal regime. La domanda ora è: avrà davvero Google le palle per rinunciare a centinaia di milioni di dollari solo per mantenere fede al proprio antico motto Don't be Evil, da tanto tempo dimenticato in favore del business ed improvvisamente tornato in auge? Se avessi 50 centesimi da scommettere, direi di no. A mio avviso quella di Google è più che altro una minaccia per far capire ai Cinesi che non possono fare quello che vogliono; se si scoprisse che la psta elettronica di Gmail è stata violata, con rischio quindi per milioni di utenti, molti cambierebbero servizio, e la compagnia americana perderebbe milioni di dollari. Google aveva rispettato le richieste del paese di Mao, ma questo si è poi allargato un po' troppo, andando ad attaccare i suoi servers. Mettere dei paletti era perciò il minimo. Nei prossimi giorni poi Pechino negherà qualunque coinvolgimento nella vicenda, e ribadirà che chi vuole lavorare lì deve attenersi alle disposizioni, magari negando pure che i vari motori di ricerca filtrino i risultati, ma ormai l'avvertimento è stato lanciato. Intanto, la notizia del possibile abbandono di Google è stata data dai media locali, come l'agenzia di stampa Xinhua ed il quotidiano China Daily, che ovviamente non menzionano affatto i motivi per cui la casa americana sarebbe intenzionata ad andarsene. A tal proposito, gustosi i commenti all'articolo (fintanto che non verranno rimossi, come il mio)...
Alla fine non si tratta di libertà e giustizia, ma di bigliettoni verdi. Come insegna il caso Marrazzo, c'è sempre qualcosa dietro...
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