Google lascia la Cina

Inviato da harvey lomax il Gio, 03/25/2010 - 18:43
Argomento
Google ha annunciato negli scorsi giorni di aver reindirizzato le connessioni dirette a google.cn, il motore di ricerca per utenti della Cina Popolare, verso google.com.hk, l'analogo di Hong Kong che non subisce i pesanti filtri imposti dalla censura cinese. In risposta, il governo di Hu Jintao ha già iniziato a filtrare le ricerche anche sul search engine dell'ex colonia britannica. Supporters di Google e dei diritti umani e civili hanno manifestato la propria approvazione per la decisione di non sottostare alla censura imposta, mentre molti utenti che utilizzavano i servizi per lavoro o studio, ed ora si ritrovano spaesati, se non adirati, poiché in Google vedevano uno dei pochi baluardi della libertà sul suolo patrio. Ai partners commerciali è stato assicurato che i contratti verranno onorati, ma lo scenario è piuttosto complesso, viste le numerose attività della società americana. Dall'altra parte, il governo cinese è contrariato, per non dire infuriato, dalla decisione. Il quotidiano di partito People's Daily ha accusato la casa di Mountain View di cooperazione e collusione con i servizi segreti americani. Lo scenario è comunque in continua mutazione. Ancora non si sa bene che fine faranno i vari servizi offerti da Google; se da un lato le funzioni di search sono state dirottate, dall'altro non si capisce bene quali siano le intenzioni per servizi come Google Maps, per l'advertising, per Google Earth, ecc, tutti strettamente interconnessi. Inoltre il dirottamento del search engine verso Hong Kong, che potrebbe essere seguito da altri servizi, sta causando una stretta anche nei confronti dell'ex colonia britannica, i cui internauti potrebbero ben presto vedere limitata la propria libertà d'informazione e d'espressione, cosa che non li renderà certo felici. Ciò potrebbe aprire un nuovo fronte col governo centrale, i cui risvolti non sono per il momento prevedibili. Potrebbe anche essere l'occasione buona per rivedere il motto Una nazione, due sistemi e semplificare il tutto, ma per il momento è difficile pensare che si possa arrivare a tanto. Ad ogni modo, Google ha finalmente deciso. Qualunque decisione fosse stata presa in merito alla vicenda, l'avrebbe visto comunque perdente: o nei confronti del governo cinese, o nei confronti di molti utenti che si sentono ora traditi. Google questa volta ha preso la strada forse più difficile, che causerà anche delle perdite economiche. Eppure, una volta tanto, ci sembra abbia fatto la cosa moralmente più giusta, sia a causa dei mancati introiti (di cui può comunque fare benissimo a meno), sia soprattutto perché finalmente qualcuno si è pubblicamente esposto nei confronti di un regime autoritario ma economicamente potente e stabile, mettendoci la faccia. Tardivamente, ma lo ha fatto. Altri no. Intanto GoDaddy.com, il più grande registrar di domini internet nel mondo ha dichiarato di aver cessato la registrazione di nuovi domini sul primo livello .cn, dopo che il governo di Pechino ha iniziato a richiedere nuovi dati personali dei proprietari questi domini, vecchi e nuovi. Inizialmente, per una registrazione erano richiesti nome dell'azienda, indirizzo, telefono, ed email. Ora invece servono anche una fototessera, un documento di identificazione della compagnia contenente un codice di registrazione (tipo quello della camera di commercio in Italia), e la firma autografa del titolare. Tutti questi dati vengono normalmente collezionati da chi vende domini internet, anche in Italia, ma questi non vengono solitamente forniti automaticamente alle autorità governative.