Argomento
Un anno fa circa, venne presentato al Parlamento un disegno di legge, chiamato Levi-Prodi, che prevedeva per tutti i blog l'obbligo di registrarsi al Registro degli Operatori di Comunicazione. Tale proposta suscitò all'epoca molto scalpore, sia tra i cittadini della rete, che tra alcuni politici un po' attenti alle questioni della rete, ma fu notata anche all'estero, data la sua malsana natura. Se approvata infatti, avrebbe sottoposto tutti i redattori di blogs, anche quelli ad uso personale, alla registrazione di cui sopra, e di conseguenza essi avrebbero potuto incorrere in un qualche reato a mezzo stampa. Immaginiamo ora lo scenario di un adolescente che tiene un blog sui videogiochi, che scrive che un certo programmatore o una certa casa produttrice hanno messo in vendita un gioco che secondo lui fa schifo, e magari se la prende in maniera un po' colorita. Una settimana dopo costui potrebbe essere indagato per diffamazione a mezzo stampa; inquisito, processato, condannato, tutto per aver espresso un opinione, anche se magari in termini non proprio corretti. La proposta era assurda, nonostante molti giornalisti si fossero espressi a favore, vaneggiando di necessarie regolamentazioni per quei siti che fanno informazione di qualunque tipo, in maniera autonoma, talvolta anarchica, ma solitamente libera da logiche politiche ed opportunistiche come spesso accade per le testate giornalistiche. Peccato che il reato di diffamazione, spesso tirato in ballo, già esista e si possa tranquillamente applicare anche ai blogs, senza necessariamente applicare altre forme di reato relative alla pubblicazione di contenuti, diciamo così, indigesti a qualcuno. Purtroppo bisogna dire che anche i giornalisti (non tutti) non si differenziano dalle altre corporazioni o lobbies di potere che qui in Italia fanno il bello ed il cattivo tempo, attaccando spesso le altre corporazioni come i politici, i piloti dell'Alitalia, i tassisisti, ma quando si tratta di toccare i loro interessi, visto che i blogs spesso e volentieri fanno loro concorrenza, si comportano esattamente come loro, gridando al sacrilegio.
Ad ogni modo, il governo cadde, ed il disogno di legge (tra l'altro molto poco pubblicizzato dai mass media) finì nel dimenticatoio. Senonché in questi giorni si è scoperto che la Commissione Cultura della Camera dei Deputati ha ora in mano praticamente lo stesso disegno, che è possibile consultare qui
Rispetto alla precedente proposta esistono delle differenze, ed attualmente è in corso un dibattito tra chi sostiene che l'obbligo di registrazione colpisca qualunque blogger indistinatamente oppure no. Una delle modifiche sostanziali è quella che prevede l'obbligo di registrazione per chi fa "attività d'impresa". Ora bisogna capire se, come sostengono alcuni, anche chi guadagna 20 euro grazie ad alcuni banners presenti sul proprio blog personale, o grazie agli annunci adsense di Google, secondo la legge svolge attività d'impresa, grazie a questi miseri introiti, oppure se, come segnalato sul sito di Repubblica, i blogs personali o di associazioni comunque senza scopo di lucro (la cui definizione è comunque ambigua), sarebbero comunque esentati dalla registrazione presso il Registro degli Operatori di Comunicazione. In rete comunque si continua a discutere, ma al di là delle diverse interpretazioni fornite, c'è una cosa che ci preme sottolineare.
I blogs, ed internet in generale, sono divenuti oggigiorno un fonte insostituibile di sapere. Proprio a causa della sua natura, internet riesce a divulgare notizie altrimenti rilegate a pochi privilegiati, notizie che la censura vorrebbe imbrigliate nelle proprie maglie, notizie che solitamente sfuggono al grande pubblico, approfondimenti, punti di vista diversificati rispetto a quelli presentati dai comuni mass media. A causa della propria natura, la rete è meno soggetta a pressioni di lobbies, governi, e poteri forti. Certo esiste anche il rovescio della medaglia, che non manca mai di essere sbattuto in prima pagina dai giornali, ma questo non è un motivo sufficiente per promuovere l'imbavagliamento collettivo delle voci libere della rete. Ovviamente, quando esse sbagliano, deve essere prevista una punizione, ma per questo gli strumenti già esistono. Tappare la bocca ai bloggers con la minaccia di responsabilità penali, anche solo per aver ospitato un commento di qualcuno sul proprio forum, è comportamento degno di regimi totalitari come quello birmano o anche quello malese, ove bloggers vengono continuamente imprigionati per reati d'opinione, col pretesto di difendere la nazione da sobillatori, la cui unica colpa in realtà è quella di contestare il regime. Senza contare che, come nel caso della Malesia, ciò avviene sotto lo scudo del Patriot Act, una pacchetto legge nato sulla scorta di quello statunitense post undici settembre, e teso a contrastare attacchi terroristici ed affini. Ecco invece per cosa viene utilizzato in realtà, per tappare la bocca agli oppositori del regime. Vogliamo che ciò accada anche qui in Italia, vogliamo che contestare chi ci governa diventi un reato? Vogliamo che ci impediscano di esprimere liberamente le proprie idee, sempre e comunque senza scadere nell'offesa o nella calunnia, o di rivelare le malefatte di questo o quell'altro personaggio, purché esse rispondano a verità? Vogliamo che l'informazione rimanga appalto di quella corporazione di cui non faccio il nome, ma che troppo spesso si presta a giochi di potere, favoritismi, ed inevitabile pressapochismo su certi argomenti, che scade nella disinformazione? L'informazione non può essere appannaggio di pochi, né essere sottoposta ai poteri forti, per questo molte persone hanno sofferto e continuano a soffire, arrivando talvolta ad offrire la propria vita. Giornalisti, free lancers, reporters, fotografi, ma anche semplici cittadini, che attraverso il proprio sito denunciano ingiustizie e malefatte, che altrimenti nessuno potrebbe apprendere. La rete si è sempre autogestita, ed inoltre essa non è che un mezzo. Punire chi ne fa cattivo uso è giusto, quanto punire chi usa in maniera impropria una pistola od un lanciafiamme. Punire chi produce pistole o chi usa il lanciafiamme per potare i cespugli del proprio giardino è assurdo quanto punire a priori chi utilizza la rete per esprimersi, perché la minaccia del reato a mezzo stampa questo è: una punizione data a priori, una forma di di autocensura coercitiva, ben diversa da quell'autoregolamentazione che è norma non scritta sulla rete. Non sempre funziona, ma nemmeno le leggi fatte dagli organi legislativi funzionano sempre come dovrebbero.
Chi diffama, con qualunque mezzo, un persona, è già perseguibile a norma di legge. Che necessità vi è dunque di quel nuovo disegno? La minaccia di una punizione più grande per i bloggers non sarebbe forse un incentivo a stare sempre e comunque zitti? Se si vuole veramente equiparare (o comunque avvicinare) bloggers e giornalisti sotto il profilo penale, lo si faccia anche sotto altri profili, come per esempio quello del non obbligo di rivelare le proprie fonti, o di ricevere contributi dallo stato. L'impressione è che ci sia sempre più paura, anche nei governi occidentali, che le masse possano acquisire coscienza della propria forza, e di smettere di subire passivamente le molte decisioni che i governi prendono al solo scopo di tutelare i propri interessi, a discapito di quelli dei cittadini. Se una volta tutto ciò che la tv propinava veniva preso per oro colato, ora non è più così. La gente si sta svegliando, e grazie alla rete incomincia a far sentire la propria voce. Quella voce che qui in Italia, come già avviene in Cina, Malesia, Egitto ed in tantissime altre nazioni, qualcuno vuole controllare e mettere a tacere.
NdA: Poiché io non sono né un avvocato, né un legislatore, consiglio vivamente chiunque fosse interessato all'argomento, a ricercare in rete ed altrove maggiori dettagli in merito, in modo da farsi un'idea spero obiettiva della situazione. Le fonti (per ora) non mancano...