La compagnia ITC Vodafone ha pubblicato un rapporto che riporta la quantità di richieste di dati dei propri utenti ricevute dalle autorità dei 29 paesi in cui opera.
Si tratta di richieste "ufficiali", che non coprono operazioni di intercettazione effettuata all'insaputa della compagnia sulle proprie reti, o mediante l'uso di software spia appositamente installato sui dispositivi dei clienti da qualche agenzia di sicurezza o dall'autorità giudiziaria. In alcune nazioni queste ultime hanno diretto accesso alle comunicazioni che transitano sulla rete Vodafone, non hanno cioè bisogno di intermediari o ordini di un giudice, possono intercettare tutto, senza limiti (e non è un'offerta vantaggiosa per gli utenti!).
Dal punto di vista nostrano comunque il fatto più inquietante è che la classifica delle richieste di metadati (identificativi chiamante, orari, durata, localizzazione, ecc) pervenute a Vodafone nel 2013, vede in testa l'Italia, con ben 605.601. In Francia 3. Al secondo posto la Tanzania, con 98.765. Un dato che se rapportato alle altre aziende operanti sul territorio potrebbe più che raddoppiare. Alcuni attribuiscono l'alto numero di richieste d'intercettazione all'esistenza di organizzazioni mafiose, ma in ogni caso si tratta di cifre da capogiro.
Il rapporto, rilasciato in un'ottica di maggiore trasparenza verso gli utenti dopo lo scandalo Datagate, conferma quanto precedentemente affermato da Edward Snowden, l'ex analista dell'NSA, in merito alle enormi capacità d'intercettazione delle comunicazioni telefoniche e telematiche da parte di molti governi (in testa ovviamente USA ed UK) ed alla possibilità di accedere direttamente ad essa senza necessità di un'ordine da parte di un giudice, come avviene per esempio in Turchia, che vorrebbe entrare in Europa.
Persino Antonello Soro, Presidente dell’Autorità Garante per la privacy in Italia ha sbottato contro tali pratiche richiedendo un riequilibrio fra i diritti dai cittadini e la loro privacy e le (presunte) necessità investigative dell'autorità giudiziaria.
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