Argomento
La notizia di oggi 15 gennaio 2008, è che Papa Ratzinger non andrà ad inaugurare l'Anno Accademico presso l'università La Sapienza di Roma. Ciò a causa dell'opposizione di un gruppo di docenti e studenti, firmatari di un documento in cui protestavano contro il possibile intervento del Papa. Una settantina di persone che si sono dimostrate più forti delle autorità accademiche, ed hanno causato un certo imbarazzo anche al governo, coinvolto in maniera indiretta in quanto si trattava comunque della visita ufficiale di un capo di stato presso un'importante istituzione del nostro paese. Così la questione è divenuta anche politica.
Praticamente unanime è stata la condanna da parte dele varie istituzioni nostrane, da destra come da sinistra, per un tipo di protesta che di fatto impedisce la libertà di parola, il dialogo, che zittisce le opinioni altrui. Non solo si è impedito ad una persona di parlare, ma lo si è impedito al Papa! Laici o cattolici, a qualunque gruppo uno si senta di appartenere, non si può rimanere impassibili dinnanzi ad un palese sopruso; per i cattolici, perché si tratta del massimo esponente della Chiesa, per i laici, perché comunque è stato impedito ad una persona di esprimere le proprie opinioni. La maggior parte dell'opinione pubblica concorda, ma alcuni hanno interpretato l'atto dei contestatori come espressione di un legittimo sentimento laico che voleva contrapporsi alle dichiarazioni più o meno recenti del Santo Padre in materia di scienza, in senso lato. Ebbene, con tali dichiarazioni si può essere o meno concordi, e fermo restando la libertà d'espressione di tutti, mi pare quantomeno assurdo arrivare a proibire al Papa di partecipare ad un evento al quale era stato per altro invitato: se non lo volevano, potevano pensarci prima! Senza contare che Ratzinger oltre che essere capo della Chiesa Cattolica, è come già detto, anche un capo di stato. Mi domando se i contestatori avrebbero reagito nello stesso modo se si fosse trattato del presidente del Kenya, tanto per dirne uno. Ma soprattutto, come si sarebbe comportato lo Stato in tale situazione? Sarebbe rimasto inerme come in questo caso, o avrebbe tentato di evitare l'ennesima figuraccia internazionale?
A mio giudizio, la contestazione è stata sbagliata, non tanto negli intenti, quanto nella forma, e tuttavia intravedo una forma di ostracismo mascherato da laicismo in questa azione di protesta. Un laico non impedisce ad altri di esprimersi, ciò è invece tipico dei regimi autoritari ed antidemocratici. Un laico rispetta le idee altrui, ma qui non si tratta di laicismo. Non so chi abbia firmato il famoso documento, né mi interessa, ma ciò che mi pare evidente, è che in Italia ci sia una deriva di una certa intellighenzia verso zone pericolose, laddove il pensiero è unico ed uguale per tutti. Un pensiero che vive tra le altre cose di un anticlericalismo dalle antiche radici e che sta trovando nuovo vigore in questi ultimi tempi, in parte grazie anche alle idee del Sommo Pontefice, più conservative rispetto a quelle del suo predecessore. Un anticlericalismo che pur di dimostrarsi tale riesce talvolta persino a trovare alleanze nelle aree estremiste del mondo islamico che, loro si, in nome del diritto d'opinione, possono liberamente chiamare alla guerra santa contro tutti quelli che stanno loro antipatici. Guardiamo all'esempio della Columbia University, che tempo fa invitò a parlare il presidente dell'Iran Ahmadinejad! Ma come, uno che tutti i giorni insiste che Israele deve essere cancellata dalla faccia della Terra, uno che dirige uno stato palesemente antidemocratico, senza libertà né diritti, dove impera la censura di stato, può andarsene liberamente in giro per gli USA ad istigare odio e violenza, ed il Santo Padre, capo dello stato più pacifista al mondo, può essere zittito da settanta persone in Italia? Ma dove siamo? Ah, già, siamo in Italia...
Possiamo in parte anche giustificare la reazione pseudo-laica a certe affermazioni, secondo alcuni dal sapore vagamente medievale; non è giustificabile invece imporre il silenzio ai propri avversari in uno scambio dialettico. Non è tappando la bocca agli altri che posso convincere il mondo di avere ragione, anzi, così facendo mi pongo su di un piano dialetticamente addirittura inferiore rispetto all'avversario, che ne viene così a trarre un vantaggio mediatico. Esattamente ciò che è successo. La protesta non ha fatto altro che provocare una levata di scudi in favore di Ratzinger, e così le ragioni (ammesso che ve ne fossero) in favore dei contestatori, sono cadute in secondo piano. Mossa ponderata da parte della Santa Sede? Forse, anche se in molti credono che Giovanni Paolo II non avrebbe agito così ed avrebbe dato battaglia (in senso figurato, ovviamente). Ma Benedetto XVI non è il suo predecessore, di conseguenza agisce diversamente.
A margine di tutto ciò, voglio fare un'ulteriore considerazione. Oggi settanta persone hanno impedito al Papa di parlare. Prima c'erano i camionisti che bloccavano tutta la circolazione sulle strade italiane. E i ferrovieri che tagliavano in due la penisola coi loro scioperi. Ed i tassisti che bloccavano Roma. E gli aerei dell'Alitalia che rimangono a terra. O i soliti imbecilli che mettono a fuoco gli stadi. I metalmeccanici che presto sciopereranno per il loro contratto. Chi più chi meno, tutti con le loro ragioni. Ma uno stato che rimane ostaggio di un minuscolo gruppo come in questi casi, è uno stato che ha fallito. E' uno stato che non esiste. Ciò non è ammissibile. La libertà di ognuno e sacra, ma l'utilizzo di queste forme di protesta va contro la libertà di tutti e contro i diritti di tutti. Questa non è democrazia, è anarchia. Non si tratta esclusivamente di un problema politico: la verità è che sui Colli Romani tutti hanno paura di agire, di prendersi delle responsabilità. Siamo l'unico paese in Europa dove settanta persone possono condizionare la politica di uno stato, l'unica nazione dove una categoria di lavoratori può permettersi di ricattare beatamente un governo. Anzi no, è successo anche in Francia. Ma loro hanno perso i mondiali.