Argomento
Circa una settimana fa, la Corte di Giustizia Europea ha profferito un'importante decisione riguardante internet. L'imposizione ai provider, ai fornitori di connettività, di filtri atti ad impedire preventivamente l'accesso a siti il cui contenuto viola il copyright, è una pratica che va contro il diritto comunitario, e pertanto va abolita. La decisione è stata presa in seguito ad un caso che vedeva contrapposto il provider belga Scarlet e la locale società di raccolta dei diritti d'autore, la Sabam, la quale aveva precedentemente ottenute da un giudice l'ordine per il fornitore di servizi di impedire l'utilizzo di programmi per il peer to peer sul proprio network. Sentenza che è stata appunto ribaltata dalla Corte di Giustizia. I provider non dovranno quindi ergersi a sceriffi della rete, un ruolo che non compete loro, né tanto meno dovranno farsi carico di implementare costosi ed intrusivi sistemi per poter soggiacere alle pretese delle lobby del copyright, che andrebbero a ledere il diritto alla privacy di incolpevoli cittadini. Secondo l'avvocato Fulvio Sarzana, esperto di diritto sul web, i provider non saranno più costretti a tracciare le attività degli utenti, allo scopo di poter eventualmente fornire i loro nominativi, qualora accusati dai detentori del diritto d'autore, di scaricare illecitamente materiale protetto. Ciò non sarà più possibile, nemmeno dietro ordine di un giudice, in quanto non dovrebbe più esistere alcuna traccia dell'attività dell'utente al'interno del network del fornitore. Niente più filtri, né tracciamento. Dall'altra parte però FIMI e Confindustria Cultura sostengono che la sentenza impedisca solo l'oscuramento preventivo dei siti, ma non il blocco di specifiche attività dietro ordine di un giudice. Se anche così fosse, rimane il fatto che nessuno potrà, come invece era consuetudine ora, rivolgersi direttamente all'azienda fornitrice di connettività per richiedere dati personali dei presunti scariconi o richiedere l'oscuramento di un sito.
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