Argomento
Era nell'aria, ed ora è arrivato. Le prime pagine dei giornali di tutto il mondo ne parlano.
Wikileaks, il sito che pubblica documenti riservati, ha annunciato di essere in possesso di circa 92.000 documenti riguardanti la missione in Afghanistan, dal 2004 alla fine del 2009 - inizio 2010. Li ha pubblicati, dopo essersi accordato con i giornali The Guardian (GB), New York Times (USA) e Der Spiegel (GER), affinché questi stessi documenti, epurati da notizie che avrebbero potuto mettere in pericolo delle vite umane, ovvero riguardanti operazioni ancora in essere, fossero pubblicate in contemporanea dalle tre testate. E così è successo il finimondo. Una bomba mediatica forse ancora maggiore di quella riguardante il documenti segreti risalenti alla guerra del Vietnam. Potenzialmente scandalosa quanto il Watergate, qualora venissero riscontrati gli estremi per procedere legalmente per crimini di guerra. Si tratta di documenti provenienti presumibilmente da due diversi network interni, classificati come segreti o top secret. Carte che svelano l'altra guerra, quella di cui i giornali non parlano, quella che i militari ed i politici cercano di nascondere. Si va da report scritti da soldati ed ufficiali dell'intelligence, ad informazioni di intelligence, riunioni di alto livello, incontri, comunicazioni tra ambasciate, descrizioni di missioni. Non tutta la documentazione in possesso di Wikileaks è stata pubblicata: circa 15.000 report verranno rilasciati successivamente, quando vi sarà certezza di non compromettere situazioni in essere. Gli scritti non riguardano le forze ISAF, dell'Europa, operazioni classificate come "top secret", e le Forze Speciali USA (US Special Forces). Principalmente si tratta di carteggio dell'US Army. E' possibile scaricare l'intero pacchetto compresso dal sito di Wikileaks.
Ma cosa c'è di tanto scottante in questi documenti? Per rendersene conto, la cosa migliore sarebbe leggerli tutti. Si parla di molte vittime civili, di cui l'esercito non ha mai parlato, di unità speciali preposte alla cattura ed all'esecuzione sommaria di sospetti, di collaborazioni fra i servizi segreti del Pakistan ed i Talebani, di relazioni non proprio idilliache fra USA ed alleati (tra cui anche l'Italia), e di tanto altro. Una guerra che hanno sempre tentato di presentarci sotto un velo patinato (come anche era stato ai tempi del Vietnam), ora rivelata per ciò che è in realtà; sporca, come tutte le guerre, crudele, e fallimentare. Nonostante le dichiarazioni di facciata della Casa Bianca e dei vari governi, tra cui anche quello italiano, ritenuto poco affidabile da Bush ai tempi della presidenza Prodi, tanto da rifiutare udienza per concordare un invio di altri militari in segreto. Un Italia sempre considerata come l'ultima ruota del carro, umiliata nel caso Lozano, il militare che uccise per errore l'agente segreto Nicola Calipari a Baghdad, di cui parla un ambasciatore americano, domandando al proprio governo di far capire al nostro che in guerra le cose funzionano in un certo modo. Cioè che il diritto dei cowboys a stelle e strisce è superiore a qualunque altro.
E poi c'è la onlus di Gino Strada, che l'esercito USA non ha mai sopportato, accusandolo di favoreggiamento nei confronti dei Talebani nella vicenda che vide l'arresto di due italiani da parte delle forze americane.
Fra tutto ciò, forse la parte che scotta di più al Pentagono, è la rivelazione dell'alleanza fra alcuni esponenti dei servizi segreti pakistani ed i Talebani. In altre parole, un'accusa esplicita e diretta di chi lavora sul campo a chi è stato sempre presentato come uno dei più preziosi alleati degli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo. Una nazione che riceve milioni di dollari, sia direttamente che attraverso operazioni coperte, e che ora si scopre essere coinvolta con gli acerrimi nemici. Accuse che ora la Casa Bianca sta facendo di tutto per nasconderle sotto la sabbia, smentendole, delegittimandole. Ma ormai è tardi, la verità è venuta a galla, e già in molti negli Stati Uniti chiedono di chiudere i cordoni della borsa per il Pakistan. L'imbarazzo di Obama e soci è evidente, nonostante si cerchi di addossare la la colpa al proprio predecessore, George W. Bush. Ma ambedue sapevano, ambedue erano a conoscenza dei report forniti dai militari riguardo agli esponenti dei servizi segreti pakistani coinvolti: nomi e cognomi. Eppure hanno preferito e preferiscono tutti far finta di niente. Questo stesso mese Hillary Clinton ha affermato che gli Stati Uniti forniranno altri 500 milioni di dollari, ignorando bellamente le accuse al Pakistan. Quest'ultimo a sua volta si è affrettato a smentire quanto pubblicato da Wikileaks, definendole solo voci, ed affermando che ciò che si vede sul campo è invece una perfetta intesa fra i due alleati. E' evidente l'interesse delle due nazioni a far finta di niente: se il giocattolo dovesse rompersi, Islamabad perderebbe tutti gli aiuti finanziari provenienti da Washington, mentre quest'ultimo perderebbe una pedina importante nello scacchiere della lotta al terrorismo: una nazione confinante che blocca la fuga (almeno in teoria) del nemico ed impedisce i rifornimenti lungo la sua linea di confine, uomini che conoscono quella parte di territorio e quelle popolazioni e che possono fornire preziose informazioni di intelligence, oltre all'apporto militare. Ciò non toglie che molti americani non trovino affatto divertente fornire soldi al Pakistan per comprare missili stinger utilizzati dai Talebani per abbattere gli elicotteri Apache e Black Hawk. Ma come direbbero al Pentagono "Fa parte del gioco".
Intanto enti governativi e militari d'oltreoceano si sprecano nel condannare la pubblicazione degli scritti, scagliandosi contro Wikileaks, rea di non aver preventivamente contattato gli Stati Uniti (allora a cosa servirebbe Wikileaks), contro il fondatore Julian Assange, che si sta tentando di delegittimare e denigrare con false accuse, come aver sperperato i fondi dell'organizzazione in costosi hotel, di aver venduto dati ai mass media o di aver domandato loro denaro in cambio di interviste. tutte accuse prive di fondamento, non circostanziate, senza alcun riferimento. Ma gli USA si scagliano anche contro chi ha contribuito alla diffusione degli scottanti documenti, collaborando di fatto con Wikileaks, ovvero i tre giornali succitati. Assange, permettendo a quei mass media di accedere e pubblicare i report, si è astutamente assicurato con un buon margine di sicurezza che non intervenissero soggetti terzi a censurare o bloccare la sua iniziativa, o peggio.
Ciò che ora preme al governo statunitense, è capire chi e come ha trafugato i documenti. Sono in tanti a puntare il dito contro Bradley Manning, il soldato di stazza a Baghdad imprigionato con l'accusa di aver fornito a Wikileaks il video dell'elicottero da combattimento che sparò su dei civili disarmati uccidendoli, in Afghanistan. Un'inchiesta ulteriore è stata aperta, ma nel contempo le autorità rassicurano che quanto pubblicato non cambierà la strategia in Afghanistan.
Che quanto fatto da Wikileaks sia giusto o sbagliato moralmente, che possa effettivamente mettere in pericolo delle operazioni, lo lasciamo decidere ai lettori, possibilmente dopo aver letto almeno parte della documentazione. La nostra opinione è che abbiano fatto la cosa giusta. La gente deve sapere. Sapere che ciò che viene mostrato sui telegiornali della sera è solo ciò che i governi vogliono che noi vediamo. Come sappiamo, ciò spesso non corrisponde alla verità. Ora sta a noi decidere se seppellire la nostra testa nella sabbia come uno struzzo e far finta di non aver né visto né sentito niente, o se prendere quantomeno coscienza del fatto e supportare chi ha permesso la pubblicazione di questa documentazione.
Fonte:
http://wardiary.wikileaks.org/
- Accedi per poter commentare