Il totem del lupo

Inviato da Anonimo (non verificato) il Sab, 03/14/2009 - 20:59
Argomento
titolo originale: Lang Tuteng 狼图腾 (pinyin) - eng: Wolf totem - 2004

di Jiang Rong - 姜戎 (pinyin)
Oscar Bestsellers Mondadori 2007
Siamo negli anni '60. In Cina è in atto la rivoluzione culturale. Chen Zhen con altri studenti universitari viene inviato nella Mongolia Interna, una regione selvaggia del nord, allo scopo di rieducarsi. Lui, come gli altri compagni, ha qualcosa da farsi perdonare dal regime; idee troppo liberali, amicizie o parentele compromettenti... Chen Zhen viene così adottato da una famiglia mongola, ed entra in contatto con un mondo completamente diverso dal suo. Una filosofia di vita impregnata di spiritualità e devozione verso quella terra che consente la vita alle popolazioni mongole, nomadi da sempre, dedite all'allevamento del bestiame. L'universo è soggetto alle leggi del Tengger (il Cielo), la sconfinata prateria è un suo dono all'uomo, e pertanto va rispettata, così come le sue leggi. Un equilibrio ancestrale che esiste da sempre, e da sempre è rispettato, da tutte le popolazioni nomadi che qui vivono. Come la prateria, anche il lupo proviene direttamente dal Tengger. Attraverso questo animale, il Tengger fa rispettare le sue regole, impone la sua volontà. Ma il lupo è anche il mezzo attraverso il quale le anime degli uomini salgono al cielo, e così anche gli animali. Esso costituisce l'apice della catena alimentare, spazza la praterie dalle carcasse degli animali morti e, attraverso l'uso di lasciare i cadaveri degli uomini ad essi, permette agli esseri degni di assurgere al Cielo. Il lupo regola il ciclo della vita nella prateria ed i nomadi mongoli sono ad esso devoti. Ciò non significa che non combattano aspramente contro i branchi per difendere il proprio bestiame, che non li caccino e non li uccidano. Tuttavia i Mongoli sanno bene quanto il loro totem, il lupo, sia fondamentale per l'equilibrio della prateria, pertanto non si accaniscono contro di essi, non cercano lo sterminio di massa. Tutto avviene secondo la volontà del Tengger. Ma da quando il governo cinese ha deciso di sfruttare quei territori per le culture, tutto sta cambiano. Immigrati giungono da ogni parte e sottraggono terreni alla pastorizia, si impiantano stabilmente e sfruttano la terra fino allo sfinimento, senza dare il tempo di rigenerarsi. Cacciano gli animali senza ritegno, soprattutto i lupi, perché non ne comprendono l'importanza, ed i funzionari di Pechino fomentano lo sterminio dell'animale. Loro devono pensare a sfamare un miliardo di persone, non possono considerare i delicati equilibri di quei territori, è essenziale produrre di più per sfamare un paese così sterminato come la Cina. Ma l prezzo da pagare è alto. I lupi spariscono, e la prateria lentamente muore. Con essa, anche le genti che lì vivevano da secoli, sono costrette a cambiare, se vogliono sopravvivere. Il nomadismo via via scompare, la pastorizia viene limitata a poche aree ancora fruibili, le tende dei nomadi, le yurte, vengono sostituite da costruzioni in pietra e mattoni. I cavalli mongoli, famosi in tutto il mondo, si riducono a pochi branchi. Si vedono sempre più motociclette, automobili, i vecchi sentieri percorsi dal bestiame per spostarsi da un pascolo all'altro divengono strade. Questo è il progresso. Ma ne valeva veramente la pena? Chen Zhen vive tutto questo. Dal vecchio Bileg e dalla sua famiglia inizia a conoscere ed apprezzare la cultura mongola ed il loro modo di vivere. E' ossessionato dalla figura del lupo, da questo animale totem che da sempre popola i miti e la storia di quelle genti. All'inizio lo vede solo come uno spietato assassino, ma poi inizia a cambiare idea. L'animale si rivela un cacciatore astuto e coraggioso, uno stratega formidabile, non è un caso se le popolazioni del luogo abbiamo da esso imparato l'altre della guerra, e combattendo contro di esso gli antichi guerrieri temprassero il proprio spirito e la propria forza. Tuttavia Chen Zhen ne è talmente ossessionato che decide di allevare un cucciolo catturato; lo vuole studiare, capirne il comportamento, vederlo diventare quel formidabile predatore della prateria, simbolo di forza e coraggio, che tutti temono e rispettano. Ma il lupo non è un cane, e ben presto Chen Zhen comprende di aver fatto un errore. Puoi incatenare l'animale e tenerlo con te per sempre, lo puoi nutrire ed accudire, ma non lo puoi addomesticare, non lo puoi domare. Lo spirito del lupo è indomabile, lo spirito del lupo è libero, selvaggio. Solo così il lupo può davvero essere considerato il totem, perché il lupo è il figlio prediletto del Tengger. Il piccolo animale cresce e si rende conto che l'accampamento di Chen Zhen non è il suo posto, che quei cani che con esso giocano non sono i sui simili. Cerca la libertà, cerca le sue origini, ma ormai è imprigionato ad una catena, con le zanne mozzate. Il suo spirito indomito continua a spingerlo verso le sue origini, verso quella prateria e quelle montagne da cui proviene un irresistibile richiamo. Una ricerca che giunge fino allo spasmo, fino a causargli ferite e sofferenze indicibili a causa di quel guinzaglio maledetto. Chen Zhen ed i suoi amici lo comprendono, capiscono di aver commesso un errore madornale e chiedono perdono al Tengger. Il vecchio Bileg li aveva avvisati, ma loro, animati dalle migliori intenzioni, non lo avevano comunque ascoltato. A malincuore, decidono di sopprimerlo; ormai, colpito da infezioni e con le zanne mozzate, non sopravviverebbe alla dura legge della prateria. Di lì a poco, inizia la strage dei lupi. Pochi esemplari si salvano, rifugiandosi nei luoghi più impervi. Il totem scompare e con esso, anche quella cultura secolare che aveva portato le popolazioni di stirpe mongola, da Attila a Gengis Khan, a dominare territori dalla Cina orientale all'Europa occidentale.

Un libro di più di 600 pagine, lungo ma intenso. Al di là della storia, che descrive paesaggi sterminati, tradizioni e costumi di popoli antichi, stili di vita, c'è l'evoluzione del personaggio principale Chen Zhen, che arriva in questa terra come cinese e ritornerà poi a casa completamente cambiato, nel suo modo di pensare, nelle sue convinzioni, nel suo stile di vita. In tanti anni passati in quei luoghi, il ragazzo cresce, si trasforma, acquisisce conoscenze antiche che presto andranno perdute per sempre. La pianura di Eren (o Ereen, Erlian, Erenhot, Eriyen qota, 二连浩特, a seconda della lingua/metodo di translitterazione)è una terra di grandi contrasti in quel tempo; contrasti che si riflettono nell'animo di Chen Zhen. Popolazioni nomadi e stanziali, pastorizia ed agricoltura, etnie con usi e costumi opposti, l'ordine portato dal governo cinese e l'ordine millenario, precostituito del Tengger. Al centro di tutto, c'è il totem del lupo. Attraverso di esso il protagonista cerca di comprendere una realtà a lui avulsa, è il suo tramite per il Tengger, per una dimensione spirituale a lui sconosciuta, per raggiungerà la verità. Ma quale verità? Non certo quella dell'assimilazione culturale voluta dal governo cinese in quell'epoca, delle cieche regole imposte dai funzionari, del progresso imposto che non lascia spazio alla diversità. Chen Zhen combatte con tutte le sue forze, ma la disfida è impari. Egli torna a Pechino con i suoi compagni, e dopo molti anni, riesce a trovare il tempo per ritornare in quei luoghi a visitare i vecchi amici, ma niente è più come prima. La nostalgia per i tempi passati è forte, tuttavia il sentimento che lo unisce a questa terra ed a questi luoghi è indissolubile. Ormai però, tutto ciò appartiene al passato. Ancora una volta, l'umanità ha perso un'occasione.

Nota:L'autore Jiang Rong (vero nome Lü Jiamin - 呂嘉民) ha trascorso undici anni nella regione della Mongolia Interna.
Nota2: La pianura di Ereen, si trova al confine tra Mongolia Interna e Mongolia; presumibilmente tra la città mongola di Sainshand e quella cinese di 二连浩特 (Erenhot), dove avviene il cambio di scarto dei binari della ferrovia che dalla Cina va alla capitale mongola Ulaanbaatar. Ad ovest della pianura, dovrebbe trovarsi il deserto di Gobi. Queste indicazioni geografiche sono comunque approssimative, non siamo riusciti ad inviduare il luogo con meno approssimazione.