Argomento
Riccardo Riccò, da tutti osannato e glorifcato, paragonato a Pantani, annoverato tra i giovani di sicuro successo, si è finalmente rivelato. Oggi ha confessato dinnanzi al procuratore del Coni di aver fatto uso di una sostanza dopante nel corso del Tour de France. Benvenuto nel club dei dopati di merda. Ricordiamo ancora le sue parole, intervistato da un'inviata della Rai prima che da chiunque altro, in un attimo in cui non era attorniato dai gendarmi: "Sono pulito", in risposta ad una precisa domanda. Concetto ribadito anche nei giorni successivi, in cui dichiarava di aver preso solo vitamine, e di voler richiedere le controanalisi. Parole degne di un buffone. E' perfettamente inutile ora, dinnanzi alle prove, fare lacrime da coccodrillo e chiedere scusa. Senza contare quanto scritto sulla Stampa on line di oggi: "La cosa che mi ha ferito di più in tutta questa vicenda è stata l’ipocrisia dell’ambiente del ciclismo". Senti da che pulpito viene la predica! Se qualcuno si è dimostrato ipocrita in questa storia, è proprio il ciclista modenese. Non solo ha danneggiato la propria squadra ed i compagni, non solo ha gettato altro fango su di uno sport già pesantemente compromesso sotto il profilo dell'immagine, si è pure arrogantemente permesso di giudicare un mondo di cui lui ha voluto far parte, ma giocando con le proprie regole, a discapito di quegli altri tre ciclisti che ancora non si drogano. Sentirlo dichiarare "Non so se ritornerò" ci ha comunque dato un filo di speranza: gente come questa farebbe meglio a starsene a casa propria, od a fare il commesso in una farmacia. Riccò, come tanti altri ha sbagliato, e per questo deve essere giudicato e punito. Ma punito in maniera esemplare, come è stato da alcuni prospettato in questi giorni: basta seconda chance per gli atleti drogati. Che si prendano le proprie responsabilità, ed una volta trovati positivi, non possano più gareggiare a livello professionistico in nessuno sport, radiati a vita. Basta con questo buonismo imperante che tende a scusare tutto e tutti. Gli atleti sanno cosa rischiano. Non credo sarebbero in molti a drogarsi in una tappucola del giro del Liechtenstein, sapendo che se colti sul fatto verrebbero banditi per sempre dalle competizioni. Per questo le pene devono essere certe ed inflessibili. A Riccò era stata prospettata una scelta: pillola blu per continuare a combattere e soffrire, pillola rossa per l'oblio. Ha scelto la pillola sbagliata, quella dell'oblio. Che oblio sia, l'oblio perenne del mondo del ciclismo.