L'interminabile agonia di Yahoo, la storica azienda pioniera di internet, parrebbe giunta al termine. Finalmente. Fra qualche ora, all'apertura di Wall Street, verrà dato l'annuncio che la grande Y passerà nelle mani di Verizon, la compagnia di telecomunicazioni statunitense, già proprietaria di AOL. Il prezzo dell'acquisizione è di 4,8 miliardi di US$. Dall'accordo sono esclusi i brevetti detenuti da Yahoo, e le quote azionarie di Yahoo Japan (35,5%) ed Alibaba (15%), corrispondenti a circa 37 miliardi di US$. La notizia oviamente ha eccitato gli investitori, e le azioni della compagnia di Sunnyvale sono salite dello 0,4%, in attesa della conferma. Tutti paiono entusiasti, Verizon per la possibilità di consolidare la propria presenza sulla grande rete e di divenire il terzo attore nel mondo dell'advertising online, Yahoo per essere in procinto di assimilazione da chi non manca certo di liquidità; senza contare che se dovesse cambiare il management, cosa più che probabile visto il conclamato fallimento di Merissa Mayer, gli azionisti farebbero i salti gioia. Già gli azionisti. Proprio colori i quali in questi anni hanno decisamente smontato la bolla di Yahoo. Un'azienda nata agli albori di internet, con un suo potenziale mai sfruttato (e compreso) da chi si è avvicendato sulla poltrona che fu di Jerry Yang. Come tutte altre aziende dell'ambiente, è dipesa dagli umori dei propri azionisti, i quali, non contenti della crescita pur sempre positiva ancorché altalenante, hanno causato l'affossamento della compagnia. In altre parole, non guadagnavano abbastanza. A poco sono servite alcune illuminate acquisizioni totali o parziali (Flickr, Alibaba...) se poi gli investitori pensavano di guadagnarci di più. La cupidigia ha distrutto un'azienda storica, che tanto poteva ancora dare, e che ora diverrà invece un limone da spremere fino all'ultimo. Con buona pace dei lavoratori che probabilmente a breve finiranno quasi tutti per strada. Ma almeno l'agonia è finita.
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