Argomento
Lo scorso sabato 13 novembre è stata finalmente rilasciata Aung San Suu Kyi. La leader del principale partito d'opposizione del Myanmar, premio Nobel per la pace, ha potuto finalmente lasciare la propria abitazione dove si trovava agli arresti domiciliari da 18 mesi. Venti anni di sofferenze, di prigione, di minacce, di silenzi forzati, lontana da tutto e da tutti non hanno piegato la volontà della piccola grande donna che da sempre si batte contro il locale regime militare. Accolta da migliaia di sostenitori, si è rimessa subito al lavoro, per continuare quell'opera di inestimabile valore intesa a portare la democrazia ed il rispetto dei diritti umani in un paese spesso tropo lontano dalle luci della ribalta internazionale. Mentre le associazioni per i diritti umani accolgono con favore la notizia della liberazione di Aung San Suu Kyi, chiedono nel contempo di non dimenticare gli altri 2200 prigionieri politici detenuti. Molti di loro facevano parte dello stesso partito, la Lega Nazionale per la Democrazia. La donna in questi giorni sta incontrando i colleghi di partito ed i sostenitori. Obiettivo primario pare essere questo di instaurare un dialogo con il regime, e di far sì che il partito, che non aveva partecipato alle ultime elezioni per protesta, possa essere comunque riconosciuto.
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