La Cina si sta trasformando sempre più nella più grande potenza del tecnocontrollo. La tecnologia proveniente dai paesi occidentali, primariamente Stati Uniti, ma anche Europa, viene utilizzata dal regime per censurare i contenuti sgraditi presenti in rete, per controllare ogni mossa dei cittadini che si connettono in rete, ogni parola, ogni pensiero. Un esercito di uomini e donne scandaglia in ogni momento la rete cinese alla ricerca di post su forum e blog che potrebbero essere sfuggiti ai gestori. Tutto quanto viene pubblicato sui siti del paese di Mao viene preventivamente controllato, sia con mezzi automatici che manuali. L'accesso a quella parte di internet che si trova oltre la Grande Muraglia, è preventivamente filtrato. Impossibile accedere a siti come Radio Free Asia, ma anche Facebook e Twitter. Certo, esistono sistemi che permettono di aggirare la censura, ma ad ogni mossa del popolo della rete per liberarsi dalle catene dell'informazione, corrisponde una contromossa del governo.
Pechino ha da poco ulteriormente innalzato il gigantesco firewall a protezione dei propri confini informatici, quello strumento cioè che inibisce ai cittadini l'accesso ai siti considerati sgraditi che si trovano all'estero. L'implementazione di nuovi accorgimenti tecnici ha infatti ridotto fortemente, se non bloccato, l'utilizzo da parte dei navigatori di proxy e servizi di VPN, utilizzati appunto per aggirare la censura. Da notare che le VPN vengono comunemente utilizzate anche dalle grandi aziende per interconnettere tra di loro sedi distanti in modo sicuro, in quanto la connessione è cifrata.
Altro problema che le autorità devono affrontare, è l'anonimato, almeno presunto, di quanti si connettono ad internet. Per esse è fondamentale riuscire ad individuare in tempi brevi chi infrange la legge. Come, a detta delle autorità stesse, i furti d'identità online, la diffamazione ed il bullismo, guardacaso temi che anche in Italia, Stati Uniti ed Occidente in genere riscuotono sempre maggiore consenso censorio fra politicanti, puritani e perbenisti. E' innegabile la convergenza su tale questione che il regime assolutista di Pechino e quello delle presunte democrazie d'oltrecortina stanno intraprendendo. Ovunque nel mondo la smania del controllo sui cittadini sta divenendo una priorità, grazie anche alla cavalcata dell'onda emozionale di riprovevoli episodi che ovunque si verificano, anche senza l'ausilio della Grande Rete (cfr il caso Vividown vs Google). Pensiamo ai numeri di telefono scritti nei bagni, associati a prestazioni e pratiche sessuali da parte di inconsapevoli individui: perché di questi nessuno si interessa? Certo, su internet le informazioni hanno una maggiore diffusione, ma la presunta diffamazione è tale non certo per la sua diffusione. Lo stesso per il bullismo.
Il tecnocontrollo sembra provocare orgasmi a ripetizione ai governanti di tutto il mondo, non appare quindi più di tanto scandaloso che la Cina stia pensando ad un sistema di identificazione di massa, secondo il quale gli utenti dovrebbero sempre fornire i propri dati personali ai provider di connettività, non solo le proprie linee casalinghe, ma anche quando ci si connette ad access point pubblici di biblioteche e bar, oltre che degli internet point, dove già avviene. Ciò per proteggere appunto la propria identità. In altre parole, per proteggere i propri dati, un utente li deve consegnare a terzi (...), che li proteggeranno dai cattivoni di internet. Come una banca insomma. Io do i miei soldi ad un istituto di credito che me li conserva. Ottimo, no? Allo stesso modo consegno per esempio il mio nome e cognome ad chi mi fornisce l'adsl, al gestore del bar che ha un access point, al wifi di McDonald ed a quello di Starbucks che poi lo consegneranno ovviamente al governo, alla biblioteca dove vado a studiare, e perché no, anche al gelataio sotto casa. E' bello sapere che tutti questi soggetti si preoccupano per noi e si offrono di conservare tutti i nostri dati personali assolutamente gratis! Sarà ovviamente compito del personale delle varie agenzie governative e dei provider assicurare che tali dati non vengano trafugati. In quanto alla loro utilizzazione fraudolenta da parte di terzi "autorizzati", beh... traete le vostre conclusioni.
Ma ciò non è abbastanza. Pochi giorni fa, secondo l'agenzia Xinhua, sono state approvate delle norme che impongono ai fornitori di connettività di interrompere subitaneamente il flusso di informazioni sgradite sui propri canali, dandone ovviamente notifica alle autorità. In teoria, si tratta di proteggere i navigatori da pubblicità sgradite, siti malevoli e fraudolenti che carpiscono dati sensibili per turlupinare la gente. In realtà, una volta implementato il meccanismo, ci vuole ben poco a confondere la pubblicità del viagra finto con le opinioni vere sgradite al governo. Una volta costruito il fucile, niente mi impedisce di sparare sia al cinghiale che ai bambini di un asilo. I cittadini avranno quindi a disposizione un nuovo entusiasmate sistema per combattere lo spam e le frodi online, al solo costo di un bel cerotto sulla bocca.
Succede solo in Cina? Certo che no: non c'era qualcuno che in Italia aveva richiesto che le varie aziende fornitrici di connettività, come Telecom, Tiscali, Infostrada ecc, individuassero e bloccassero la condivisione / flusso di materiale protetto da copyright (musica, film...), e siti tipo ThePirateBay?
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