La crisi del giornalismo italiano

Inviato da harvey lomax il Gio, 11/16/2000 - 00:00
Argomento
Nonostante le smentite dei diretti interessati, è ormai un fatto certo: il giornalismo del Belpaese è in piena crisi. I quotidiani vendono poco e scrivono un sacco di cazzate, i telegiornali assomigliano sempre più a dei talk-show e dicono un sacco di cazzate. Non basta il gadget per vendere più giornali, poiché la concorrenza fa altrettanto. Non servono i programmi-traino ai TG, che vengono visti solo per abitudine, passivamente. Forse allora l' unico sistema è urlare più forte degli altri, per tentare di accapparrarsi quei pochi utenti in più. Così ogni testata accusa l' altra di qualcosa. Dilettantismo, parzialità, sensazionalismo, sono solo alcune delle accuse più frequenti. Ciò che è realmente triste, è che molto spesso tali accuse sono fondate. Colpa dell' eccessiva approssimazione nello svolgere il proprio lavoro, colpa delle informazioni che si rincorrono a velocità supersonica, colpa della stessa natura dell' essere umano, delle sue debolezze. Ricordiamoci poi che al giorno d' oggi, il mondo dell' informazione è un grosso businness: chi detiene l' informazione, detiene anche il potere; manipolare consciamente od inconsciamente le informazioni, equivale a manipolare le masse. Qualcuno in passato lo aveva già capito. Come al solito, la vittima di questa guerra a base di colpi bassi, è il lettore/spettatore, che non sa più a chi credere, perde l' orientamento e diviene inconscio strumento nelle mani dei mass-media. Egli assorbe la notizia passivamente, ma non si fa un' opinione in merito, perché la notizia è già essa stessa un' opinione preconfezionata, di facile digestione per le circonvoluzioni del nostro cervello. E' ovvio che, dal momento in cui un' informazione viene divulgata, essa rifletta il pensiero, il modo di vedere le cose, di chi la riferisce; il giornalista, o chi per lui, è un vero e proprio filtro, certamente conscio di tale funzione, ma spesso troppo presuntuoso per accorgersi dei propri limiti in tal senso. Informazione ed interpretazione vengono così confuse. Se questo è un difetto naturale del giornalismo, noi, in quanto fruitori dei mezzi d' informazione, dovremo accettarlo con cognizione di causa, cercando nel contempo di elaborare attivamente le informazioni che ci vengono proposte. Il problema però è che pochi hanno voglia di fermarsi a pensare, cercare di capire, eventualmente contestare. Per questo motivo, la notizia predigerita continua ad essere di gran moda, ed il livello generale del giornalismo italiano si appiattisce. Conseguentemente, le varie testate persistono nel proprio atteggiamento di assoluta (presunta) superiorità nei confronti dei diretti concorrenti, cercando di superarli, gettando su di essi discredito, ogniqualvolta sia possibile. Ricordate lo scandalo sulle immagini trasmesse da Rai Uno e Rai Tre a proposito dell' indagine sulla pedofilia in Italia? Ed il mare di polemiche abbattutesi sui responsabili dei due TG? Da una parte c'era chi ne difendeva l' operato, sostenendo che, per quanto crude, le immagini andassero comunque trasmesse. Altri invece gridavano allo scandalo, ergendosi a difensori di tutti quei bambini che in quel momento potevano trovarsi dinnanzi al televisore (quanti saranno poi i bambini che guardano i telegiornali? Mah...). Noi non vogliamo entrare nel merito alla convenienza o meno di presentare tali immagini a quella certa ora o meno, non abbiamo la presunzione di essere in grado di giudicare tale argomento alla pari delle schiere di pedagoghi, psicologi ed educatori che già allora si pronunciarono. Vorremmo comunque far presente che pure in certe pubblicità, trasmesse a tutte le ore, si possono vedere bambini poco o per niente vestiti; è certo vero che il contesto è molto diverso, ma ci sembra che le immagini trasmesse dai TG non riguardassero certo atti o posizioni, esplicitamente od implicitamente contro la morale, o che comunque potessero, di per sè stesse, recare un qualche turbamento. Ciò che però ci interessa in questa sede, è che ci fu un pesante scambio di accuse tra le varie testate giornalistiche. Alla fine i direttori dei due telegiornali incriminati furono costretti a presentare le proprie dimissioni. Alcuni giorni dopo però, il direttore del TG3 le ritirò, mentre quello del TG1 se ne andò sbattendo la porta, accusando un noto esponente politico di avergli raccomandato una persona per un posto in Rai: il perché tale denuncia dovesse avvenire proprio contemporaneamente alle dimissioni e con una diretta televisiva di stampo scalfariano, non è dato saperlo... e nemmeno chi avesse torto e chi ragione. Tirando le somme, un direttore si è dimesso, mentre l' altro è ancora al suo posto. Perché uno si e l' altro no? A quale risultato ha portato tutta questa discussione? Si è cercato di tutelare l' infanzia, il generico spettatore? Forse si. O forse si è solamente trattato di una battaglia per arrivare in cima al palo della cuccagna. Un fatto analogo successe quando fu scoperta una lettera di un inviato della Rai, spedita ad un organo di stampa palestinese, in cui si precisava che le famose immagini del linciaggio di alcuni Israeliani erano state girate da giornalisti apparteneti a Mediaset. Come se non bastasse, lo stesso inviato rimarcava l' assoluta lealtà sua, e di riflesso della propria azienda, nei confronti del popolo palestinese. Noi non vogliamo giudicare il fatto in questione, ma semplicemente ricordare il braccio di ferro che ci fu tra Rai e Mediaset. Sia in questa occasione, che in quella precedentemente esposta, le polemiche si spostarono anche sul piano politico, come da copione. Ora, tutte queste vicende hanno forse apportato qualche benificio a noi spettatori? E' migliorato il modo di fare informazione? Sono state modificate le regole che governano il mondo del giornalismo? Almeno è cambiato qualcosa? Pia illusione! L' informazione si crea. Il giornalista trasforma. La concorrenza si distrugge. L' utente intanto paga. Leggete la Gazzetta del Cadavere: almeno è gratis.