Le due testate giornalistiche si sono aggiudicate il Premio Pulitzer nella categoria “servizio pubblico”, grazie alle rispettive inchieste sullo scandalo Datagate.
Grazie alla collaborazione con la “talpa” Edward Snowden, ex analista dell’NSA, sono state pubblicate, e continuano ad esserlo, rivelazioni sul mondo dello spionaggio operato da NSA e dalla sua controparte britannica GCHQ, che hanno letteralmente scoperchiato il vaso di Pandora. La portata storica e politica di quelle notizie non è passata inosservata alla giuria del premio, che ha individuato nelle testate, più che nei giornalisti che in prima persona vi hanno contribuito, i soggetti meritori del riconoscimento. Ai vari Barton Gellman del Washington Post, Glenn Greenwald e Ewen MacAskill del Guardian, Laura Poitras e non ultimo Edward Snowden, rimane comunque la soddisfazione di aver visti riconosciuti i propri sforzi ed i rischi che corrono giornalmente, da un premio che rappresenta il massimo riconoscimento nel campo del giornalismo. Parimenti si tratta anche di un monito verso la Casa Bianca ed i suoi compagni di merende, dall’NSA al Dipartimento di Giustizia, al Dipartimento di Stato, alle altre agenzie federali che da troppo tempo hanno abusato dei loro poteri e di una legislazione liberticida costruita sull’onda emotiva dell’11 settembre, che non ha portato a quei grandi successi nella lotta contro il terrorismo che essi paventavano, ma piuttosto ad una continua violazione dei diritti umani e civili, di crimini vari, perpetrati nel nome di bene supremo che non può essere anelato mediante tali barbari metodi.
Inspiegabilmente, la Gazzetta del Cadavere non figurava fra le nomination…